Obbligo di indicazione dei costi di manodopera e degli oneri di sicurezza negli appalti pubblici, una ipotesi di esclusione: la fornitura senza posa in opera

Come è noto, l’art. 95, comma 10, del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. n. 50/16) – siccome modificato dal Correttivo di cui al D. Lgs. n. 56/17 entrato in vigore il 20.5.17 – a differenza della normativa previgente sancisce esplicitamente l’obbligo dell’operatore economico di indicare in offerta i propri oneri aziendali della sicurezza ed i costi della manodopera, ad esclusione dei casi di appalti di fornitura senza posa in opera e di servizi di natura intellettuale, ovvero di affidamenti di importo inferiore ad € 40.000 di cui all’art. 36, comma 2, lettera a.  

 

La disposizione in esame, specie in considerazione delle gravi implicazioni che discenderebbero dalla sua violazione (i.e. esclusione automatica dalla gara), ha costituito oggetto di un ampio dibattito giurisprudenziale circa la sua compatibilità euro-unitaria, dibattito risolto in senso positivo dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza del 2 maggio 2019, C-309/18, i cui principi hanno trovato puntuale applicazione in ambito nazionale con gli interventi dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato a conferma della legittimità dell’automatismo espulsivo, con la sola eccezione collegata all’accertamento in fatto dell’impossibilità di indicare le voci dei costi nei modelli predisposti dall’amministrazione ai fini dell’eventuale attivazione del soccorso istruttorio (cfr. per tutte Consiglio di Stato, Ad. Plen., 2.4.2020 n. 7).

 

Ben si comprende tuttavia come la concreta applicazione della prescrizione legislativa di cui si tratta – e le ineluttabili conseguenze derivanti dalla sua eventuale inosservanza – continui ad alimentare un vasto contenzioso in subiecta materia, offrendo ai concorrenti esclusi o secondi classificati lo spunto per impugnare avanti il giudice amministrativo i provvedimenti di aggiudicazione di gare di appalto di volta in volta contrari ai propri interessi.

 

Ciò è quanto avvenuto nel caso – recentemente affidato a questo Studio Legale da un’Azienda Sanitaria Provinciale – di un ricorso proposto avanti il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, per l’annullamento dell’aggiudicazione di una gara di appalto, indetta con procedura negoziata telematica sul MEPA ed avente ad oggetto la fornitura in noleggio di dispositivi medici per la somministrazione ed il controllo della terapia inalatoria dell’ossido nitrico ed in acquisto del relativo farmaco confezionato in bombole.

 

Con il primo motivo di tale ricorso, assumendo che nella specie la prestazione complessiva oggetto della gara fosse da qualificare come un appalto misto (attesa la previsione nel capitolato tecnico di “servizi ulteriori” rispetto alla mera fornitura dei dispositivi e del gas medicale), la concorrente seconda classificata ha denunciato appunto la violazione dell’obbligo previsto dal citato art. 95, comma 10 ed invocato l’esclusione dell’azienda aggiudicataria per la mancata indicazione nella sua offerta dei costi della manodopera.

 

Nell’occasione il Tribunale etneo, esaminati gli atti e i documenti di gara contenenti la descrizione delle caratteristiche tecniche ed una serie di condizioni della fornitura in gara, con specifico riferimento a tale prima doglianza ha rilevato che “dal complesso di queste disposizioni si evince, quanto all’oggetto del contratto, che lo stesso è indicato esclusivamente alle lett. a) e b) e riguarda la fornitura dei 5 dispositivi in noleggio (con le specifiche tecniche indicate alla lett. a del capitolato) e del farmaco di ossido nitrico sotto forma di bombole (con le caratteristiche indicate alla lett. b del capitolato), mentre le ulteriori “condizioni” di cui alla lett. e) costituiscono delle modalità di esecuzione della prestazione che, in ragione del carattere meramente accessorio, non integrano alcuna attività assimilabile alla cd “posa in opera” cui si riferisce l’art. 95, cit., (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 27 luglio 2020, n. 4767 e 9 gennaio 2020, n. 170 rese entrambe su fattispecie riguardanti forniture di dispositivi sanitari)”.

 

Alla luce di siffatta preliminare notazione, la tesi difensiva del contratto “misto” sostenuta dall’impresa seconda classificata è apparsa ai giudici amministrativi non condivisibile “poiché i servizi cui si riferisce il ricorrente, tutti indicati alla citata lett. e) del capitolato, sono delle prestazioni meramente accessorie all’esecuzione dell’obbligazione principale, che è quella della sola fornitura dei dispositivi di somministrazione della terapia inalatoria e del relativo farmaco (miscela gassosa di ossido nitrico contenuto in bombole) e, come tali, non possono dar vita ad un appalto misto di servizi e fornitura”.

 

Accogliendo in tal modo le prospettazioni di uguale tenore della difesa dell’amministrazione resistente, il T.A.R. di Catania ha escluso la sussistenza dell’obbligo in capo ai concorrenti di indicare i costi in parola ai sensi dell’art. 95 comma 10, osservando quindi che “nel caso in esame, infatti, l’appaltatore non svolge alcun servizio aggiuntivo che fuoriesca dall’ambito ordinario della fornitura, in quanto la consegna e il ritiro delle bombole, la corretta installazione dei dispositivi (previa istruzione sulle modalità di funzionamento), la manutenzione e l’eventuale sostituzione dei dispositivi costituiscono tutte prestazioni accessorie al noleggio/fornitura in questione, alcune delle quali direttamente riconducibili alle obbligazioni principali del venditore (art. 1476 c.c.) e del locatore (art. 1575 cod. civ), e non certamente all’oggetto centrale del contratto (cfr. 1325 c.c.), il quale resta unicamente ancorato alla mera fornitura dei dispositivi sanitari per come descritti alle lett. a) e b) del capitolato: di qui l’insussistenza dell’invocata natura mista dell’appalto con conseguente inapplicabilità degli obblighi dichiarativi di cui all’art. 95, comma 10° del D.lgs. 50/2016”.

 

Ritenuta infine l’infondatezza anche delle altre censure formulate dall’impresa ricorrente per le tutte le ragioni illustrate in motivazione, ha rigettato il ricorso confermando la legittimità dell’aggiudicazione assentita dall’amministrazione resistente con la delibera impugnata (cfr. T.A.R. SICILIA, sezione staccata di Catania, sez. int. II, sentenza n. 3282/2020 del 4.12.2020).

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